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Psicologo a Ravenna

Gli effetti del mobbing sono stati riconosciuti come malattia professionale. Oggi chi esercita azioni aggressive ed incontrollate su colleghi o lavoratori può essere accusato di reato penale, perché azioni mobbizzanti possono provocare danni psicofisici permanenti.

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Mobbing, cos'è e cosa fare?

Emarginazione e violenza psicologica trovano terreno fertile nella degenerazione del modo di competere nella società, di soddisfare gli interessi di gruppo e di interagire tra gli individu

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Le persone che assistono in silenzio al misfatto o diventano complici suggellano un moderno crimine: il mobbing.

Chi subisce il sopruso inizialmente tende a sottovalutare il fenomeno, pensa di poterlo gestire e che sia destinato a passare da solo. Quando inizia a sentire bisogno di aiuto, si rende conto che la società non è attrezzata per aiutarlo.

Sperimenta che il sistema sanitario non è in grado di sostenerlo come vorrebbe (perchè orientato a curare i sintomi che emergono e non il problema da cui questi derivano).

Sperimenta che il sistema giudiziario non è preparato a dargli la giustizia che cerca (perchè tende a basarsi su prove documentali e testimoniali di fatti certi (mentre il mobbing è invece un insieme di sfumate sevizie esercitate dal gruppo su un perseguitato che difficilmente avrà documentazione o testimonianze in suo favore).

Sono i segni evidenti delle patologie e delle invalidità a scuotere oggi le coscienze sociali e dare credibilità sanitaria e giudiziaria alla vittima. La situazione è simile al periodo in cui la violenza sessuale diventava credibile solo quando chi la subiva era in grado di presentare i segni tangibili della violenza fisica.
Le conseguenze del mobbing sono devastanti. La vittima, comunque vadano le cose, avrà difficoltà a perdonarsi di non aver saputo difendere al meglio la sua salute ed i suoi diritti.

Il punto di attacco più efficace per intercettare il reato di mobbing e prevenire le sue conseguenze risiede nel “DARE SOSTEGNO ALLE VITTIME” dal momento in cui iniziano a percepirne il disagio.

Come nasce e si evolve il mobbing?

La stessa logica che oggi ispira certi valori e criteri organizzativi, sembra terreno fertile per far germogliare il seme della violenza psicologica. La competizione per il raggiungimento degli obiettivi, gli stimoli per migliorare la produzione, le scelte per ottimizzare le economie, possono offrire comodi anfratti in cui far rifugiare il fenomeno.
Certi sani obiettivi possono quindi sfuggire ad ogni ragionevole controllo e diventare utili paraventi per meschinità e soprusi.
Alla sua evoluzione concorrono caratteristiche, atteggiamenti ed azioni degli attori in scena: le carte che gioca, in modo più o meno consapevole, la “vittima”; l’accanimento più o meno cosciente del “mobber”; l’indifferenza o complicità di chi sta intorno.
Siamo forse tutti d’accordo che non bisogna confondere la libera competizione con l’arbitrio del più forte, gli stimoli per raggiungere obiettivi economico-produttivi con le politiche del terrore che calpestano diritti e doveri, il quieto vivere con l’acquiescenza e la complicità.
Ma dobbiamo ancora trovare il modo di far emergere le degenerazioni e tenerle sotto controllo.

Le conseguenze del mobbing

Si conosce oramai quasi tutto su ciò che accade ad un soggetto quando viene sottoposto ad una sequenza di sollecitazioni stressanti.
I sintomi si evolvono in modo nascosto o palese, in funzione delle caratteristiche e del modo in cui la vittima risponde a queste sollecitazioni.
Sono ben conosciuti i danni che derivano all’umore, alle relazioni familiari, amicali e sociali, alla capacità di affrontare le incombenze quotidiane. Fino ad intaccare la voglia di continuare a vivere.
Si sa che i danni inflitti all’equilibrio psicologico ricadono in seguito sugli altri apparati organici, ne alterano il funzionamento e portano l’organismo a diversi livelli di invalidità.

I danni ricadono anche sulla serenità e produttività dell’ambiente in cui è consumato il mobbing, come ricadono sui costi del sistema sanitario, del sistema legale e della società intera.

Cosa si può fare oggi

Il problema è intricato e di complessità crescente. Nella dinamica dei fatti, nell’intreccio dei comportamenti, nel susseguirsi degli atteggiamenti, può diventare sempre più ingarbugliato comprendere chi sia in effetti la vittima e chi il prevaricatore.
Il mobbing si può scatenare in modo premeditato ma anche in modo involontario. Gli individui che possiedono e che coltivano caratteristiche di “mobber”, prima o poi, possono trovare un ambiente di complici per colpire una “vittima”.
Ma anche gli individui che possiedono e che coltivano le caratteristiche di “vittima” prima o poi possono trovare le condizioni per creare un “mobber”.
Chiunque si trovi invischiato in questo scenario (come vittima, mobber oppure complice) e desideri uscirne, ha di fronte tre ordini di difficoltà:

Il problema sociale

A chi può rivolgersi oggi un individuo che si rende conto di essere invischiato in una spirale di violenza psicologica mobbizzante?
Al superiore gerarchico?
A colleghi, collaboratori o dipendenti?
Al sindacato, amici, parenti o associazioni?
Supposto che ci sia qualcuno disposto ad ascoltarlo e credergli, lo fa a titolo di solidarietà personale, senza alcun ruolo e responsabilità professionale.
L’aiuto consiste in genere nel gettare acqua sul fuoco o cercare di infondere nuova energia per la lotta.
Il rischio è di aggiungere altro danno al danno.
Se è vero, come è vero, che il mobbing ha così gravi conseguenze morali, sanitarie ed economiche, per la vittima, per l‘ambiente e per la società intera, non sembra logico lasciare le cose all’iniziativa estemporanea ed abbandonare l’interessato a sé stesso.
Si rende necessario istituire dei centri di competenza in grado di coordinare la materia ed offrire sostegno per affrontare il problema ed interrompere il meccanismo.

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